La legge di Stabilità anticipa a ieri, 1° gennaio 2016, l’entrata in vigore del Titolo II del decreto legislativo 158/2015, ossia il corpus delle disposizioni volte a riformare il sistema sanzionatorio amministrativo tributario, le quali, secondo la decorrenza originaria, avrebbero dovuto trovare applicazione solo a partire dal 2017.
L’anticipo
È importante, a questo proposito, ricordare che il Titolo I del decreto legislativo 158/2015 (dedicato alla riforma dei reati tributari previsti dal decreto legislativo 74/2000) è entrato regolarmente in vigore lo scorso 22 ottobre.
Oltre che in ambito penalistico, il principio del favor rei (quale espressione del più generale principio di legalità) è espressamente disciplinato anche con riferimento alle sanzioni tributarie.
Secondo l’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 472/1997 «se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo». Questa regola dovrà essere applicata dagli uffici per tutte le sanzioni irrogate nel 2016, anche se relative a violazioni commesse in anni precedenti. E dovranno essere rideterminate anche le sanzioni già irrogate, ma con provvedimenti non ancora definitivi al 1° gennaio 2016.
Le riduzioni
Sono molti i casi in cui la norma potrà trovare applicazione. Il riferimento va, in particolare:
alla nuova disciplina sanzionatoria del reverse charge (articolo 6, commi 9-bis e seguenti del decreto legislativo 471/1997), che, in molte ipotesi, sostituisce una sanzione fissa alla previgente proporzionale;
alla riduzione a metà delle sanzioni per i versamenti effettuati entro 90 giorni dalla scadenza ordinaria (articolo 13, comma 1, decreto 471/97), già applicabile dal 1° gennaio per chi ravvede, ad esempio, errati acconti Iva 2015 o insufficienti versamenti degli acconti di novembre per Ires, Irpef e Irap;
alla riduzione di un terzo della sanzione in caso di dichiarazione quando l’infedeltà è contenuta (articolo 1, comma 4, decreto 471/1997) o è conseguenza di un errore sulla competenza (peraltro, in assenza di danno erariale, la sanzione ora diviene fissa);
alla riduzione della metà della sanzione prevista in caso di presentazione di una dichiarazione entro trenta giorni dalla scadenza ordinaria (articolo 7, decreto legislativo 472/97), applicabile in tutte le ipotesi in cui non sia «diversamente disposto dalle singole leggi di riferimento»;
al dimezzamento delle sanzioni in caso di trasmissione delle dichiarazioni (originariamente omesse) entro il termine per la presentazione di quella successiva, in assenza di controlli di natura amministrativa (articolo 1, decreto 471/1997).
Gli appesantimenti
Tuttavia, le modifiche che ora decorrono dal 2016 non portano solo note positive, ma anche qualche aggravio, che, in quanto tale, non ha mai effetto retroattivo.
Un esempio è costituito dalla cosiddetta “recidiva” (articolo 7, comma 3, decreto 472/1997), che prevede un aumento fino alla metà della sanzione (non più discrezionale per gli uffici) per chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole, non definita in via agevolata o “mediata” nelle varie forme prevista dall’ordinamento. In proposito, l’Agenzia dovrà chiarire se, come sembra corretto per evitare un effetto retroattivo della norma, l’esame “storico” della condotta pregressa debba escludere le violazioni commesse sino al 2015.
Una novità negativa si ha anche per il cumulo giuridico (articolo 12, decreto 472/97), che ora si applica separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta non solo in ipotesi di accertamento con adesione ma anche in caso di mediazione e conciliazione giudiziale, diversamente da quanto accade, ad esempio, se il contribuente sceglie di fare acquiescenza all’atto accertativo o di definire in via agevolata le sanzioni.