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Cessioni intracomunitarie - Mezzi di prova CMR DAU DAE

Nell'ambito degli scambi intracomunitari assume particolarmente rilevanza la questione relativa ai mezzi di prova per dimostrare l'avvenuto inoltro dei beni nello Stato membro del cessionario comunitario. 

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Cessioni intracomunitarie - Mezzi di prova CMR DAU DAE

Nell'ambito degli scambi intracomunitari assume particolarmente rilevanza la questione relativa ai mezzi di prova per dimostrare l'avvenuto inoltro dei beni nello Stato membro del cessionario comunitario. 

 

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QUADRO NORMATIVO

Nell'ambito degli scambi intracomunitari assume particolarmente rilevanza la questione relativa ai mezzi di prova per dimostrare l'avvenuto inoltro dei beni nello Stato membro del cessionario comunitario.

Come noto, infatti, l'art. 41, c. 1, lett. a), D.L. 30.8.1993, n. 331, conv. con modif. con L. 29.10.1993, n. 427, considera non imponibili le cessioni intracomunitarie di beni trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro.

 

Nel recente passato, l'Amministrazione finanziaria, anche sulla scorta di alcune sentenze emanate dalla Corte di Giustizia Ue, ha fornito interessanti chiarimenti.

In particolare, la R.M. 28.11.2007, n. 345/E contiene precisazioni in merito ai documenti idonei per comprovare l'avvenuto inoltro dei beni nel territorio del cessionario comunitario e, successivamente, la R.M. 15.12.2008, n. 477/E, ha focalizzato l'attenzione sulle cessioni "franco fabbrica", in cui il trasporto è curato dal cessionario comunitario.

 

CONDIZIONI RELATIVE al TRASPORTO dei BENI:

prima di passare all'esame del contenuto della prassi, è bene ricordare che l'art. 41, D.L. 30.8.1993, n. 331, conv. con modif. con L. 29.10.1993, n. 427, nel disciplinare le fattispecie di cessioni intracomunitarie, nel porre le condizioni necessarie della soggettività passiva Iva in capo al cessionario, nonché del materiale invio dei beni da uno Stato membro all'altro, non prevede alcuna particolare forma per dimostrare l'avveramento delle suddette condizioni.

 

L'unica formalità richiesta è prevista dall'art. 50 c. 1, D.L. 331/1993, conv. con modif. con L. 427/1993 che richiede il preventivo ottenimento del numero di identificazione ai fini Iva attribuito al cessionario nello Stato membro di appartenenza (l'equivalente della nostra partita Iva).

 

Per quanto riguarda in particolare il trasporto, che come si vedrà nel seguito costituisce l'aspetto "nevralgico" della questione, le disposizioni sugli scambi intracomunitari (art. 38, c. 2, e art. 41, c. 1, lett. a), D.L. 331/1993 conv. con modif. con L. 427/1993) ammettono che il trasferimento dei beni possa avvenire anche con la clausola "ex works" (o franco fabbrica, come detto in premessa), con evidente problema per il cedente di ottenere dal proprio cliente la prova dell'effettivo trasporto dei beni nel Paese membro del cessionario.

Infatti, il trasporto dei beni può avvenire:

  • a cura o a nome del cedente (cd. "franco destino"), nel qual caso l'inoltro dei beni nel territorio del cessionario comunitario è gestito dal cedente italiano, il quale potrà quindi fornire la prova utilizzando i documenti dallo stesso predisposti, ovvero forniti dal vettore per suo conto;
  • a cura o a nome del cessionario comunitario (cd. "franco fabbrica") nel qual caso, poiché l'inoltro dei beni nel territorio del cessionario è affidato allo stesso, ovvero ad un vettore incaricato da quest'ultimo, diventa non sempre del tutto agevole ottenere la prova della destinazione dei beni presso il cliente.

R.M. 28.11.2007, n. 345/E: il quesito sottoposto dalla società Alfa S.p.a. è semplice e lineare, in quanto chiede in concreto quale sia la documentazione necessaria per comprovare l'avvenuta cessione intracomunitaria di beni verso operatori stabiliti in altri Stati membri.

La società istante ha ritenuto che per la dimostrazione dell'avvenuta spedizione in altro Stato membro sia necessario conservare la seguente documentazione:

  • fattura di vendita, emessa in regime di non imponibilità ai sensi dell'art. 41 D.L. 331/1993;
  • elenchi Intra compilati e presentati in relazione alle cessioni effettuate;
  • documento di trasporto (Cmr), firmato dal trasportatore per presa in carico della merce, nonché dal cessionario per ricevuta;
  • quietanza di pagamento della merce (bonifico, o altro mezzo idoneo).

L'Agenzia delle Entrate, dopo aver premesso che la documentazione sopra elencata è sufficiente per dimostrare l'avvenuta cessione intracomunitaria, si sofferma in merito al valore di alcuni documenti non fiscali, quali quelli relativi al trasporto e quelli bancari.

 

Per quanto riguarda l'invio dei beni in altro Paese membro, secondo l'Amministrazione finanziaria "può costituire prova idonea l'esibizione del documento di trasporto, da cui si evince l'uscita delle merci dal territorio dello Stato per l'inoltro ad un soggetto passivo d'imposta identificato in altro Paese comunitario".

Più interessanti sembrano invece le considerazioni svolte dall'Agenzia in merito alla documentazione bancaria.

In particolare, è citato l'art. 19 c. 3, D.P.R. 600/1973, quale disposizione che impone alle imprese ed agli esercenti arti e professioni l'obbligo di tenuta di uno o più conti correnti bancari o postali sui quali far affluire le somme riscosse nell'esercizio della propria attività.

Su tale aspetto, si segnala che il riferimento dell'Agenzia non è corretto (trattasi probabilmente di un refuso), in quanto in linea generale, l'art. 19 si riferisce agli obblighi contabili degli esercenti arti e professioni, e non anche alle imprese.

Nello specifico, inoltre, il c. 3 del medesimo art. 19 è stato abrogato ad opera dell'art. 32 D.L. 112/2008, conv. con modif. con L. 133/2008.

Osservato quanto sopra in merito al riferimento normativo richiamato dall'Agenzia, nella R.M. 345/E/2007 si ricorda che anche le disposizioni civilistiche, in particolare l'art. 2214 c.c., obbligano l'imprenditore a tenere le scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa, e soprattutto "di conservare per ciascun affare le fatture, lettere e telegrammi ricevuti, nonché copia delle fatture, lettere e telegrammi spediti".

Dal quadro normativo emergono dunque, secondo l'Agenzia, i seguenti obblighi:

  • di conservazione della documentazione bancaria, dalla quale risulti evidenza delle somme incassate per effetto delle cessioni intracomunitarie;
  • di conservazione della copia degli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali da cui si possano desumere gli obblighi che hanno dato origine alla vendita dei beni ed al trasporto degli stessi in altro Stato membro.

ORIENTAMENTO della CORTE di GIUSTIZIA UE: le conclusioni dell'Agenzia delle Entrate sono frutto, secondo quanto espressamente riportato nella stessa risoluzione in commento, dell'indirizzo giurisprudenziale espresso in sede europea dalla Corte di Giustizia.

Si è già detto in premessa che la questione principale attiene alle difficoltà di ottenimento dei mezzi di prova dell'avvenuta cessione intracomunitaria, soprattutto alla luce delle numerose frodi perpetrate in ambito comunitario.

Nella R.M. 345/E/2007, sono citate due recenti sentenze della Corte di Giustizia Ue, in particolare, la Sentenza C-146/05 e la Sentenza C-184/05.

In realtà, alle citate pronunce, se ne può aggiungere anche un'altra, e precisamente la Sentenza C-409/04 (caso Teleos).

Tutte le sentenze riportate, pur distinguendosi l'una dall'altra per gli elementi di fatto, costituiscono un denominatore comune, tanto da essere state trattate unitamente sia dall'Avvocato generale, sia dalla stessa Corte di Giustizia dell'Unione europea.

Interessante è individuare, leggendo le sentenze in oggetto, alcuni spunti operativi, al fine di evitare possibili contestazioni da parte delle autorità fiscali competenti.

In particolare, il punto cruciale è capire quando il venditore può essere ritenuto responsabile, sopratutto in relazione all'eventuale successiva dimostrazione della falsità dei documenti di trasporto.

Dall'indirizzo espresso dalla Corte Ue, da un lato, l'Amministrazione finanziaria non può coinvolgere tout court il venditore, senza aver dimostrato il suo effettivo coinvolgimento nella frode ma, dall'altro lato, il venditore stesso deve "adottare tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l'operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una frode fiscale" (punto 65 della sentenza relativa al caso Teleos).

In altre parole, il venditore deve dimostrare di aver utilizzato la normale diligenza richiesta ad un soggetto che pone in essere una transazione commerciale, ragion per cui dovrà attivarsi in tutti i modi possibili al fine di accertarsi che la controparte non sia coinvolta in una frode.

Si può agevolmente osservare che non è facilmente individuabile l'ambito oggettivo della ragionevolezza delle misure che il cedente deve adottare.

La Suprema Corte ha correttamente precisato che l'imprenditore non può essere chiamato a svolgere funzioni ispettive, sostituendosi agli organi preposti (Agenzia delle Entrate, Guardia di finanza, ecc.).

Sinteticamente, sarebbe possibile individuare i seguenti due estremi di comportamento che l'operatore deve adottare:

  • quello più anomalo, e quindi meno difendibile, che potrebbe realizzarsi laddove siano pattuite forme di pagamento con mezzi anomali, in presenza di controparti appena costituite, oppure prive di referenze bancarie, o ancora senza una struttura operativa;
  • quello più diligente, che si realizza allorchè l'operatore dimostri di aver adempiuto quanto era ragionevolmente possibile per non essere coinvolto nella frode.

Infine, sembra interessante valutare l'indirizzo che sino ad ora ha tenuto la giurisprudenza interna in merito alle frodi Iva.

La posizione, espressa nelle recenti sentenze da parte della Cassazione (Cass. 4.12.2006, n. 25672; 30.1.2007, n. 1950; 23.2.2007, n. 4238 e 12.3.2007, n. 5717), è diametralmente opposta rispetto alla posizione della Corte di Giustizia.

Infatti, secondo la Suprema Corte, la frode Iva coinvolge sia il cedente, sia il cessionario, "senza alcuna distinzione in relazione a due distinti aspetti: il comportamento di buona fede di uno dei due soggetti e l'eventuale inesistenza del danno erariale".

In relazione al primo aspetto, quello della buona fede, la Cassazione ritiene che l'eventuale accertamento della falsità dell'operazione riverberi i suoi effetti anche nella sfera giuridica del soggetto che vi ha partecipato in buona fede, quindi senza sapere di essere coinvolto in una frode.

Mentre per quanto concerne il danno erariale, la posizione della Cassazione è di precludere certamente il diritto alla detrazione in capo al cessionario in presenza di una mancato versamento dell'imposta da parte del cedente, e comunque di non garantirlo incondizionatamente pur in presenza del predetto versamento da parte del venditore.

R.M. 15.12.2008, n. 477/E: la recente presa di posizione dell'Agenzia delle Entrate è interessante in quanto ritorna sul tema della prova delle cessioni intracomunitarie con clausola "franco fabbrica", modificando in parte l'orientamento precedente.

 

In tale documento, infatti, sono evidenziate le difficoltà di ottenimento, da parte del vettore incaricato dal proprio cliente, della copia del documento di trasporto controfirmata dal destinatario per ricevuta.

 

Tale prova, come evidenziato in precedenza, costituisce secondo l'Agenzia delle Entrate (R.M. 345/E/2007) la prova principe per l'invio dei beni in altro Stato membro.

Sul punto, la R.M. 477/E/2008, contiene due importanti affermazioni:

  • la prima riferita al contenuto della R.M. 345/E/2007: in particolare, è specificato che tale documento "ha indicato l'esibizione del documento di trasporto a titolo meramente esemplificativo";
  • la seconda, conseguente alla prima, riferita più specificamente alle cessioni intracomunitarie con clausola "franco fabbrica": in tal caso, laddove il cedente nazionale "non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova di cui sopra potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro".

ULTERIORI POSSIBILI RIMEDI:

per concludere, appare interessante fornire alcune indicazioni in merito alle intenzioni che sono allo studio in ambito comunitario per combattere e prevenire i fenomeni di frode in ambito Iva.

In base all'art. 199 della Direttiva n. 112/06, la Commissione europea sembra orientata ad ampliare il sistema del reverse charge, già operativo nel nostro ordinamento per le prestazioni di servizi nell'ambito dell'edilizia, e per alcune ipotesi di cessione di immobili strumentali.

Con tale sistema, infatti, l'Iva viene assolta senza un effettivo esborso finanziario da parte del cessionario/committente a favore del cedente/prestatore, con conseguente impossibilità di evasione di tale imposta da parte del soggetto che la incassa (cedente/prestatore).

Ulteriori azioni intraprese dall'Amministrazione finanziaria sono quelle relative alla richiesta di maggiori informazioni da richiedere al momento dell'apertura della partita Iva tramite i modelli AA9/9 (per le persone fisiche) e AA7/9 (per i soggetti diversi dalle persone fisiche), con decorrenza dall'1.1.2008, per le comunicazioni di inizio, variazione e cessazione dell'attività.

 

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